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Lunedi' 27 Agosto

Le novita' della settimana


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lunedì 24 marzo 2008

The Passion of the Christ

Dopo aver deciso di andare controcorrente, di non vedere questo film, di rimanere fuori dalla mischia ed evitare ulteriori chiacchere e dibattiti su un film di cui dopotutto si e' discusso veramente troppo, alla fine ieri abbiamo ceduto...e
Ma dopo averlo visto, sinceramente non possiamo far altro che mantenere, se non rinforzare la nostra opinione. Quel che ci troviamo di fronte non dimostra di essere un film eccelso, se non per le sue tematiche e la sua fama.
Sebbene il cast, quasi interamente italiano, sia abbastanza accreditato, almeno a livello Nazionale, la performance complessiva risulta alquanto deludente, unico attore che eccelle nel gruppo, (e dopotutto come poteva essere altrimenti) ovviamente e' Caviezel, il quale, mostra in ogni situazione, anche in quelle piu' semplici, una grande espressivita' e capacita' di trasmettere profonde emozioni.
Meriti riconosciuti vanno sicuramente al trucco e ai costumi, i quali congiuntamente sono stati capaci di ricreare l'atmosfera e le situazioni di quei momenti, molto piu' di quanto sono stati capaci di fare la scenografia e la fotografia.
Forse proprio per volonta del regista con l'obiettivo di dare piu' spazio ai personaggi e concentrare l'attenzione dello spettatore piu' su di essi, che sull'ambiente circostante, come testimoniano anche i frequenti primi piani la scenografia appare sempre molto sintetica se non addirittura appena accennata, la fotografia invece finisce col ravvivare troppo l'immagine, e se da una parte riesce ad esaltare i volti e a dar luce e colori a vesti ed ambienti altrimenti tetri, oltre che esaltare la ferocia delle flagellazioni, dall'altra finisce con l'astrarre ogni situazione rendendo cosi' ogni ambientazione artificiosa.
Circa la storia, senza dubbio si e' mantenuta di fondo, la fedelta' ai testi del Vangelo, tanto nelkle situazioni quanto con i dialoghi, anche se piu' di una volta si e' notata l'esigenza di introdurre qualche frase nuova o diversa, per creare coerenza e continuita' fra le diverse sequenza.
E per concludere veniamo al punto piu' discusso e secondo il nostro parere piu' vacillante dell'intero film, ovvero la regia, affidata al celebre e navigato Mel Gibson.
Nonostante gia' molti registi, piu' o meno meritatamente lo abbiano preceduto nel delicato compito di narrare una vicenda cosi' unica ed emozionante Gibson ha sensadubbio il merito di narrare la vicenda da un nuovo punto di vista.
Il punto su cui dibattere e' se sia stato veramente necessario ritrarre la Passione di Cristo, dal punto di vista che si e' effetivamente adottato. Gibson da' spazio senza limite alla crudelta' e alla ferocia della vicenda, concentrandosi con lunghe digressioni sui momenti piu' cruenti e aspri della Passione, concedendo solamente pochi minuti per qualche breve accenno ai momenti della vita di Gesu', anche quelli che costiuiscono il fondamento della fede cattolica, come quello dell'ultima cena. Il fatto che la Violenza sia effettivamente il suo solo obiettivo si puo' facilmente verificare, se non quantificare precisamente, basti pensare che mentre il momento della falgellazione viene protratto per diversi minuti, esaltando ogni singola frustata, la risurrezione viene banalmente e frettolosamente risolta in brevi e fugaci secondi.
Inutili, illogici e inappropriati i riferimenti al Diavolo tentatore,al quale viene data una veste femminile, (infatti viene interpretato da Rosalinda Celentano), uno dei quali e' inserito anche nel momento della morte sulla croce.
Unico merito va' all'idea innovativa di recitare la vicenda in lingua ebraica ed in latino, per contestualizzare e storicizzare meglio la vicenda.
Insomma il voto complessivo risulta decisamente negativo, impossibile selezionare o pensare ad una specifica categoria di spettatori a cui sia destinato il film, ma a chiunque volesse mettersi alla prova suggeriamo di allacciarsi le cinture.

lunedì 3 marzo 2008

Rendition - Detenzione iIlegale



Dopo le vicende dell'11 Settembre, ormai i temi "Sicurezza" e "Terrorismo", finiscono sempre piu' col ronzarci nelle orecchie, e cosi' come per la televisione i giornali ed il web anche il cinema non si trattiene dal bisogno spasmodico e disperato di proporre idee ed esporre opinioni al riguardo.

Sulla scia del successo di vari film a tema, come il documentaristico "Fahrenheit 911" del famigerato Michael Moore o dell'intricatissimo "Sihriana", Holliwood tenta di nuovo il colpaccio e cerca anche questa volta di smuovere le nostre coscienze con "Rendition-detenzione illegale", ed affida l'onorevole compito al regista Gavin Hood, su cui e' caduta l'attenzione dopo l'aver ricevuto il premio oscar per miglior film straniero con "Tsotsi".

Il film, tratta e rivela una procedura , basata sul rapimento e la tortura, adottata dal governo degli Stati Uniti nei confronti di quei cittadini stranieri sospettati di aver avuto un qualunque coinvolgimento con il terrorismo, e di cui si dice che dal fatidico 2001 abbia subito una forte incentivazione applicandola sempre con maggiore frequenza e determinazione.

Questa volta la sorte vede pero' coinvolto un innocente, l'ingegnere chimico Anwar El – Ibraimi, egiziano di nascita ma residente negli USA dall'adolescenza, il quale sospettato di aver avuto contatti telefonici con un famoso terrorista, al ritorno da un viaggio di affari all'estero viene segretamente arrestato e trasferito in una località islamica per essere torturato e ridotto a condizioni disumane al solo scopo di trarre informazioni. L'incaricato americano di assistere agli "interrogatori" e' l'agente Douglas Freeman (Jake Gyllenhall), al servizio della Cia a cui capo sta la dura e decisa Corinne Whitman (Meryl Streep).
In cornice a questa vicenda si inserisce, intrecciandosi con ill filo principale, la storia del torturatore responsabile della prigione, il quale rimane incolume ad un attentato di cui e' il bersaglio ma che vede invece vittima sua figlia.

Sulla realizzazione di questo film c'e' da dire che nonostante le ambizioni e le tematiche di fondo siano elevate e degne di riflessione, il risultato ottenuto finisce pero' con l'essere alquanto deludente. A nulla vale chiedere la partecipazione di una grande attrice come Meryl Streep (a cui poi dopo tutto viene ritagliato solo qualche minuto dell'intero film) o chiamare all'appello l'ultimo estratto dal mondo dei belli d'Hollywood, Jake Gyllenhall (il moro dei due cowboy di Brokeback Mountain), il quale, malgrado la passivita' del suo personaggio, dimostra di essere all'altezza della situazione, alla fine tutto cio' di cui ci ricorderemo una volta usciti dalla sala e' che un uomo e' stato torturato, sommariamente, il resto si puo' riassumere con un immenso sbadiglio, rotto solamente per qualche prezioso e volatile minuto, dall'unico dialogo significativo in due ore di film, in cui Corinne Whitman si trova a dibattere con un diplomatico, circa il fatto se sia veramente corretto torturare e magari sacrificare un uomo in nome della sicurezza internazionale e della vita di tante altre persone, senza preoccuparsi effettivamente delle conseguenze o del senso di colpa derivamente da un possibile sbaglio.
Il verdetto a voi!